Secondo una ricerca realizzata da Demoskopika ammonta a 2,2 miliardi di euro il giro d’affari della criminalità organizzata italiana derivante dall’infiltrazione nell’economia legale del settore turistico italiano. Di questi, 850 milioni di euro, pari al 38% del totale, sono concentrati nelle realtà del Mezzogiorno. Un’attività sempre più pervasiva di controllo del territorio che metterebbe a rischio ben 4.450 imprese attive nel comparto, maggiormente fiaccate dalla crisi di liquidità causata dall’emergenza pandemica e, dunque, più vulnerabili al “welfare criminale” delle mafie che dispongono, al contrario, di ingenti risorse finanziarie pronte alle operazioni di riciclaggio.
La ricerca ha stimato l’attività di welfare criminale delle mafie sul comparto turistico elaborando una serie di dati rilevati da alcune fonti ufficiali o autorevoli: Unioncamere, la Direzione investigativa antimafia, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Istat, Cerved e Transcrime.
Sono sei, in particolare, i sistemi regionali con il livello di rischio più elevato: Campania, Lazio, Sicilia, Calabria, Lombardia e Puglia. Ben 430, inoltre, gli alberghi e i ristoranti confiscati a oggi, di cui quasi il 60% nei territori tradizionalmente caratterizzati da un maggiore radicamento della criminalità organizzata. Impennata pari al 243%, infine, per le operazioni finanziarie sospette direttamente attinenti ai gruppi mafiosi.
(Per maggiori informazioni: www.demoskopika.it)