Per il “Travel Forward: Data Insights and Trends for 2025” di Phocuswright il valore globale delle prenotazioni di viaggio ha raggiunto 1,61 trilioni di dollari nel 2024, proiettandosi ora a 1,72 trilioni con un tasso di crescita annuale tra il 6 e il 9%.

Tale spinta è trainata in larga parte dall’adozione di strumenti digitali: quasi sei prenotazioni su dieci vengono ormai effettuate online e la quota salirà al 63% entro il 2026. Nel dettaglio dei settori è il comparto aereo a guidare la classifica con 725 miliardi di dollari di prenotazioni nel 2024, segnando il pieno recupero della capacità globale e confermando che tre biglietti su quattro vengono acquistati sul web.
La totalità delle prenotazioni globali cresce ogni anno, ma lo fa in modo più lento. Se nel 2023 c’era stata una crescita del 24% del turismo, dal 2025 in poi la percentuale si abbassa.
La lentezza del booking risiede in variabili come, ad esempio, il riordino delle priorità dei viaggiatori Usa. A livello regionale le prenotazioni di viaggio appartengono per il 34% proprio al Nord America, contro il 27% dell’Asia-Pacifico, il 24% dell’Europa e il 4% sia dell’Est Europa che dell’area Latam. Il viaggio non è più considerato come la cosa più importante da fare, questo dopo un post Covid dove il turismo è stato l’assoluta priorità di tutti. Le ricerche dicono che nell’ultimo biennio la crisi economica ha fatto sì che per esempio gli americani cominciassero a considerare i viaggi la terza priorità per la loro vita. Al primo posto, nel 2024-25, troviamo l’elettronica, al secondo posto invece ci sono le cure per la propria casa e per il benessere.
Anche l’inflazione sta incidendo sul percorso del settore viaggi. È infatti considerata un freno per il 58% dei viaggiatori, con la percentuale che sale a quota 68 nel caso dei Millennial. L’aumento del costo della vita sta togliendo risorse. Un altro fattore che incide è poi l’incertezza geopolitica: dalle nostre analisi il 57% degli intervistati considera la sicurezza cruciale nei viaggi.
Un capitolo a parte lo merita la tecnologia. Dopo il fenomeno social media, ampiamente consolidato nel travel con il 64% dei viaggiatori che usa Facebook e il 60% Instagram per ispirarsi e raccogliere informazioni, mentre YouTube e TikTok si affermano tra i più giovani, negli ultimi anni la grande protagonista è l’intelligenza artificiale, tradizionale, generativa e agentica, che ha già conquistato il 18% dei viaggiatori leisure e si prepara a superare quest’anno il 50%.
Oggi i soldi che i grandi fondi versano alle startup del turismo sono un terzo rispetto al passato. Siamo passati da investimenti per 16,3 miliardi di dollari nel 2021, 13,1 nel 2022 e 5,3 nel 2023, ai 3,1 miliardi del terzo trimestre del 2025. I grandi fondi sono investiti da una grandissima incertezza che è legata proprio all’intelligenza artificiale.
Il report spiega come l’Ai sia capace, in settimane, di cancellare il lavoro di una startup di anni. Basta pensare al coding, alla creazione di un’app, di un sito web. Alcune cose vengono inevitabilmente spazzate via. E dunque questo fa sì che chi possiede denaro e vuole investirlo sia molto cauto. Non sa se dove lo sta investendo durerà nel tempo o meno. Gli investitori hanno anche paura perché l’uso dell’Ai tra i viaggiatori è raddoppiato in due anni. Altra cosa non banale è che i motori di ricerca statici stanno scendendo come quota di mercato, le modalità di ricerca si spostano sull’Ai, l’ultimo esempio è proprio Atlas di OpenAi.
Tracciando un bilancio, le previsioni parlano di un “reboot” degli investimenti, con venture capital più selettivi e focus sull’efficienza, sull’uso strategico dell’Ai e sulla sostenibilità come vantaggio competitivo: il turismo non è soltanto tornato, ma si è trasformato in un ecosistema innovativo e maturo, in cui tecnologia, esperienza umana e responsabilità ambientale si intrecciano per dare forma a un nuovo modo di viaggiare.

(Per maggiori informazioni: https://www.phocuswright.com/)