Il Tribunale di Rimini ha dichiarato il fallimento della società che gestiva Cocoricò, la discoteca per eccellenza della movida romagnola.
Da anni punto di riferimento e di ritrovo per ragazzi e giovani in vacanza in Romagna, la chiusura di una delle più note discoteche d’Europa non deve passare inosservata.
LA CRONACA:
La discoteca romagnola, nel 2015, era entrata nel mirino della polizia a seguito della morte di un ragazzo di 16 anni per overdose.
Ma i guai della gestione includono anche il mancato versamento dei tributi sia al comune di Riccione sia all’Erario. Dal 2012, inoltre, la guardia di finanza aveva condotto indagini penali contro il locale a causa di evasioni d’Iva. Di recente, infine, i problemi riguardavano mancati pagamenti degli artisti, tra i quali il dj Gabry Ponte, che si esibivano nelle diverse serate.
Il noto dj, infatti, avrebbe rivendicato un debito impressionante che il locale non aveva saldato. A gennaio la guardia di finanza aveva disposto il sequestro preventivo della struttura per oltre 800 mila euro. Questa somma, secondo gli accertamenti fiscali eseguiti dalla polizia, corrispondeva alla cifra di evasione delle imposte effettuata da Cocoricò.
Lo scorso anno il locale aveva festeggiato i 30 anni di attività: la sua chiusura segna la fine di un’epoca. L’estate 2019, infatti, non sarà animata dalla discoteca simbolo della movida romagnola.
Il Tribunale Fallimentare di Rimini ha messo il punto sulla questione avviata dall’Agenzia delle Entrate, rigettando ogni tentativo della società proprietaria di rimettere in piedi l’attività della discoteca e decretandone il fallimento.
Il Cocoricò, salvo colpi di scena, chiude i battenti e resterà inattivo finché la situazione non troverà una nuova strada da imboccare.
CONSIDERAZIONI DI ASSOINTRATTENIMENTO
C'era una volta, un Paese chiamato Italia, ricco di arte e cultura e dove era presente la più grande concentrazione delle discoteche più trend del mondo.
I giovani più vivaci e ambiziosi le frequentavano assiduamente per divertirsi e aumentare il proprio capitale sociale (nuove amicizie, nuove relazioni, nuove conoscenze). I locali davano lavoro a decine di migliaia di persone, facevano nascere nuovi mestieri come il DJ, Vee J, light DJ, cubista, ragazze e ragazzi immagine, selector, relazioni pubbliche; mestieri che permettevano ai ragazzi e alle ragazze di dedicarsi ad un proficuo lavoro durante la loro fase di formazione.
Quotati architetti facevano carte false per collaborare con gli imprenditori, con l'obiettivo di migliorare l'estetica e la funzionalità dei locali. Grazie alle discoteche, centinaia di imprese si specializzavano in arredi spettacolari, in sofisticati impianti luminosi, in tecnologie per la musica, creando un indotto del quale, purtroppo, nessun esperto ha mai calcolato la portanza.
Facciamo ora un salto lungo una generazione: Buona parte di questo “mondo”, oggi è evaporato in una frammentazione di non-luoghi o eventi che, paragonati all'eleganza delle discoteche del passato, rappresentano la brutta copia del fascio di emozioni che un tempo venivano imbrigliate dalla sapiente regia degli imprenditori di discoteche.
Il nostro Paese, le nostre aziende hanno perso la leadership dell'intrattenimento: centinaia di aziende ad esso connesse sono fallite, le notti nelle nostre città storiche sono divenute più pericolose ed estreme, mondi turistici come quello spagnolo ci hanno surclassato utilizzando la leva dell'entertainment di musica e ballo, che proprio noi italiani avevamo re-inventato (qualche economista, per spiegare la specificità delle nostre disco, negli anni ottanta parlava di distretto del divertimento).
Cosa è successo? Come si spiega lo sterminio delle belle discoteche?
Il nostro ordinamento giuridico ha migliaia di norme, ma in materia di pubblico spettacolo le lacune non mancano. Come è noto per esercitare una qualsiasi attività di spettacolo o trattenimento in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico è necessario preventivamente munirsi della necessaria autorizzazione.
Se poi l’attività di pubblico spettacolo ha carattere preponderante e viene svolta a scopo di lucro, l’autorizzazione amministrativa (licenza) comporta la verifica dell’agibilità dei locali.
Tale verifica comportando l’applicazione delle norme di sicurezza previste dal Decreto del Ministero dell’Interno del 19 agosto 1996 fa si che i costi per la costruzione di un locale dedicato ad attività di Pubblico Spettacolo siano mediamente tre o quattro volte maggiori rispetto a quelli che si sosterrebbero per la costruzione di un normale pubblico esercizio. Sono norme necessarie, ma i costi ricadono solo sugli imprenditori di questo settore, non su chi gestisce pubblici esercizi.
In tale contesto, non bisogna certo essere operatori del diritto per comprendere come la normativa descritta sia non solo complessa, ma anche di difficile applicazione, soprattutto in merito alla prevenzione delle attività abusive. Infatti, l’organizzazione di feste illegali ed il permissivismo delle pubbliche amministrazioni, soprattutto in ambito comunale, stanno gravemente ledendo gli interessi della categoria che rappresentiamo, creando delle vere e proprie voragini di illegalità nel mondo dei locali notturni. La terribile convergenza di eventi quali i “rave-party”, i “circoli privati”, le feste in villa e altri simili intrattenimenti illegali, ha prodotto una situazione inaccettabile.
Per anni si è voluto attribuire alle discoteche la ragione di tutti i mali, con la conseguenza che di volta in volta, amministratori locali e politici nazionali hanno, di fatto, demolito la possibilità che esistessero aziende della notte sane gestite nel rispetto delle leggi.
Il risultato è che oggi i ragazzi trovano l’effetto “rave” dappertutto: sulle spiagge, in locali (bar, ristoranti e circoli privati) dove si esegue intrattenimento e spettacolo in modo abusivo, in feste non autorizzate, nelle piazze delle città divenute in gran parte teatro di veri e propri eventi illegali. Il risultato è che la cultura dello sballo è divenuta un vero e proprio stile di vita. In assenza di una rete di aziende sane e profittevoli, il “mondo della notte” non potrà che rimanere nelle mani di gruppi di “PR” (magari che operano in “nero”) sempre più intenzionati a cannibalizzare gli imprenditori del settore e “vendere” una “ritualità” del divertimento a rischio.
Solo la discoteca azienda (gestita nel pieno rispetto delle leggi) ben potrà essere, e per molti versi lo è già, un avamposto di legalità, utile anche alle autorità per presidiare e monitorare, da vicino e in tempo reale, l’evoluzione della criminalità che, con l’alibi della musica e del divertimento, ha inteso fare business sulla pelle dei nostri giovani.
Altro aspetto fondamentale per il contrasto all’abusivismo è la questione degli orari di apertura. Le discoteche in genere esercitano la propria attività durante il weekend, dalle 23 alle 04 del mattino, mentre i cosiddetti “locali serali” (ristoranti, pizzerie, pub, bar, osterie, stabilimenti balneari, ecc.), di fatto, la esercitano in orari pressoché illimitati. Tale facoltà concessa ai pubblici esercizi, oltre che discriminare il nostro settore imprenditoriale, facilità l’organizzazione di spettacoli (ovviamente non autorizzati) nella convinzione, spesso purtroppo confermata nei fatti, che comunque l’attività di controllo, anche a causa della complessità della sottesa materia, sia in realtà un remoto rischio.
Fino a qualche anno fa i locali di somministrazione terminavano la propria attività alle ore 24 durante la settimana ed alle 1 nei weekend. Oggi spesso i pubblici esercizi iniziano la loro attività alle 5 del mattino con le colazioni e procedono fino alle 3 o alle 4 del mattino successivo, travestendosi al bisogno in discoteche, non rispettando pertanto i requisiti di igiene, di solidità e di sicurezza che sono imposti dalla legge.
Non credete che dopo 17 anni di deregulation sia giunta l’ora di mettere ordine nel sistema delle norme che disciplinano lo spettacolo NOTTURNO, impedendo ai furbetti di arricchirsi sulla pelle dei nostri giovani?
Il dramma dei locali da ballo ha avuto come carnefici una delle burocrazie (la nostra) più spietate e insensibili ai problemi del settore che un Paese democratico abbia mai visto, la cui operatività è stata, in qualche modo, orientata da una classe politica molto poco lungimirante. Controlli inflessibili, una tassazione complessiva da medioevo fiscale, sistematiche campagne di demonizzazione che fornivano l'alibi per regole sempre più persecutorie, rappresentavano ostacoli per la creatività, per il mood che un locale deve avere per trasmettere energie positive ai clienti.
Se a tutto ciò aggiungete l'inefficienza nei controlli di chi, resosi conto delle difficoltà del locali a norma, sceglieva spudoratamente l'illegalità (rave) o di vampirizzare il motore di una disco (musica e intrattenimento innestati in barba alle regole dai P.R. in locali come bar, pizzerie, ristoranti, bagni sulla spiaggia, circoli privati, ville etc.), ebbene ai miei occhi appare ovvio che le spettacolari discoteche non potessero che abbruttirsi, finire in mani sbagliate e alla fine fallire.
Nessuna burocrazia può fermare le emozioni della musica e del ballo. Cosa si dovrebbe fare per resuscitare il fascino della discoteca? Le regole del gioco vanno cambiate, altrimenti nessun imprenditore sano investirà il proprio tempo e i propri soldi in questo settore. Poi bisogna ritornare a immaginare la bella discoteca del terzo millennio. Come deve essere oggi una bella discoteca? Deve essere creativa, multidimensionale, sostenibile, Trasformer? Può una nuova bellezza ritornare a fare innamorare la bella gente? Dopo tanti anni di decostruzione brutale di tutto ciò che è elegante, comodo, funzionale nei locali; dopo l'orrore dei non luoghi dei rave, io scommetterei sul bisogno dei giovani di vivere il divertimento notturno in locali sicuri, confortevoli, eccitanti e belli.
Il Presidente
Luciano Zanchi