La Global Business Travel Association (Gbta) ha presentato l’ultima edizione del Global Business Travel Index Outlook & Forecast che presenta l’indagine, condotta con il supporto di Visa, che ha preso in esame 72 Paesi e 44 settori industriali delineando i principali trend e le previsioni di spesa per il periodo 2025-2029.
Oltre alle proiezioni economiche, la 17ª edizione del rapporto si fonda su un ampio sondaggio che ha coinvolto oltre 7.300 business traveler in cinque macro aree del mondo, con l’obiettivo di monitorare abitudini, preferenze e comportamenti di spesa.
La spesa mondiale per i viaggi d’affari continua a crescere e supererà la soglia dei 2 trilioni di dollari nel 2029. Dopo le turbolenze degli ultimi anni, il settore mostra un trend di consolidamento, pur con alcune incertezze legate a fattori geopolitici ed economici. Il 2025 si chiuderà con un volume stimato di 1,57 trilioni di dollari, in aumento rispetto al 2024 (1,47 trilioni). Si tratta di un nuovo tetto e di un incremento rispetto alla spesa del 2019. Quest’anno prevediamo pertanto una crescita del 6,6%, inferiore al 10% registrato lo scorso anno. Tuttavia, nel 2026 prevediamo che il tasso tornerà ad accelerare fino a superare l’8%, portando il totale a 1,69 trilioni.
La progressione dovrebbe proseguire costante con 1,8 trilioni nel 2027, 1,91 nel 2028 e fino a raggiungere i 2,02 trilioni di dollari nel 2029. Lo studio evidenzia come la fase attuale sia caratterizzata da una crescita moderata ma positiva, dopo anni di forte volatilità. Nel 2020 la spesa globale era crollata a 661 miliardi di dollari con un -53,8% rispetto al 2019 (1,43 trilioni). La ripresa si è poi consolidata con un incremento del 47,4% nel 2022 e del 30% nel 2023, seguiti da tassi più contenuti ma stabili.
La spesa mondiale ha visto una distribuzione fortemente sbilanciata tra le diverse aree geografiche.
A trainare il mercato è stata l’Asia Pacific che da sola concentra 612,6 miliardi di dollari, pari al 41,3% del totale globale. Segue il Nord America con 396,8 miliardi (26,7%), davanti all’Europa con 391,1 miliardi (26,4%). L’America Latina si ferma a 53,3 miliardi (3,6%), il Medio Oriente a 18,1 miliardi (1,2%) e l’Africa a 11,9 miliardi pari allo 0,8% della spesa globale.
Il dato conferma la centralità delle tre macro-aree principali Asia Pacific, Nord America ed Europa, che insieme valgono oltre il 94% del mercato globale dei viaggi d’affari.
I primi 15 mercati concentrano da soli l’83% del totale, pari a 1,31 trilioni di dollari. Gli Stati Uniti si confermano leader assoluti con 395,4 miliardi di dollari e una crescita annua del 9,6%, seguiti dalla Cina con 373,1 miliardi (+2,2%).
A distanza si collocano i mercati europei. La Germania a quota 80,1 miliardi (+3,6%), il Regno Unito 60,2 miliardi (+13,8%) e la Francia 46,9 miliardi (+3,9%). Tra i protagonisti emergenti spiccano l’India con 43 miliardi (+15,5%) e la Corea del Sud con 44,7 miliardi (+14,3%), entrambe caratterizzate da tassi di crescita a doppia cifra. Il Giappone raggiunge 74,4 miliardi (+5,8%) mentre l’Italia si attesta a 40 miliardi con un incremento dell’8,2%.
Seguono il Brasile (30,4 miliardi, +1,6%), il Canada (28,1 miliardi, +9,6%), l’Australia (27,9 miliardi, +5,4%) e la Spagna (26,7 miliardi, crescita nulla). La Turchia registra 24,1 miliardi (+8,9%) mentre i Paesi Bassi chiudono con 23,7 miliardi, segnando l’unica variazione negativa del ranking (-1,2%).
Nel complesso, i sei principali mercati europei (Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Spagna e Paesi Bassi) genereranno una spesa di 277,6 miliardi di dollari, pari al 17,6% del totale globale 2025.
I servizi si confermano i più resilienti, meno esposti ai rischi legati ai dazi e con prospettive di crescita più solide. In particolare, i comparti che mostrano le performance migliori sono quelli professionali e finanziari e il macro-settore che include intrattenimento e tempo libero.
Più complesso lo scenario per i settori sensibili al commercio internazionale che continuano a subire pressioni nel contesto economico attuale. La manifattura, che da sola rappresenta quasi un terzo della spesa globale legata ai viaggi d’affari, risente maggiormente delle incertezze e mostra segnali di crescita più deboli. Anche il commercio all’ingrosso e al dettaglio, la pubblica amministrazione e l’agricoltura evidenziano un andamento meno dinamico.
Il profilo del viaggiatore d’affari globale si conferma sempre più strutturato e consapevole.
Un terzo delle aziende (33%) dispone di un corporate travel manager o di un team dedicato e il 69% dei dipendenti riceve dall’azienda una carta di credito corporate per le trasferte.
Rispetto al 2019, l’81% dei business traveller ha viaggiato lo stesso numero di volte o di più con una spesa media stimata di 1.128 dollari per l’ultimo viaggio e una durata media di tre giorni.
Le principali motivazioni rimangono crescita professionale e networking con il 37% per seminari e corsi di formazione, il 27% per convention e conferenze e il 24% per incontri di vendita o gestione clienti.
Sempre più diffusa è la tendenza al bleisure, con il 59% che dichiara di combinare viaggi di lavoro e momenti personali con la stessa frequenza o più spesso che in passato. La percezione resta positiva e l’86% dei viaggiatori considera i viaggi d’affari un investimento utile per raggiungere gli obiettivi aziendali.
Dopo anni di volatilità le cose stanno iniziando a stabilizzarsi e i prezzi si avviano verso una normalizzazione. Tuttavia, dati i rischi di una recessione economica globale, si ipotizzano due scenari per il 2026. Uno di base e un altro in caso di crisi economica.
Nel primo il prezzo medio dei biglietti aerei si attesterà a 708 dollari (+0,4% rispetto all’anno precedente) mentre la tariffa media giornaliera per le camere d’hotel raggiungerà i 166 dollari (+1,8%). In aumento anche il noleggio auto, con un costo medio giornaliero di 48 dollari (+2,8%), e le spese per meeting ed eventi, che saliranno a 172 dollari per partecipante al giorno (+2,4%).
Nell’ipotesi di uno scenario recessivo globale i prezzi risulterebbero leggermente inferiori con 673 dollari per i voli (+1%), 153 dollari per le camere d’hotel (+1,3%), 44 dollari per il noleggio auto (+1,8%) e 156 dollari per i costi giornalieri degli eventi (+1,3%).
Il business travel in Italia continua a crescere e nel 2025 raggiungerà i 40 miliardi di dollari, segnando una solida ripresa dopo i minimi della pandemia. La spesa è attesa in aumento dell’8% anno su anno con un’ulteriore crescita del 6,5% prevista per il 2026. Nel periodo 2024-2029 il mercato dovrebbe espandersi a un ritmo medio annuo (Cagr) del 5,4%, nonostante le incertezze dello scenario globale.
Guardando ai settori, le prospettive più dinamiche per il 2025 riguardano utility, hospitality e ristorazione e intrattenimento, mentre i comparti più deboli restano la sanità e i servizi sociali.
Il quadro macroeconomico nazionale rimane complesso. Per il 2025 è previsto un aumento del Pil italiano dello 0,7%, accompagnato da un’inflazione all’1,7%.
Il profilo del viaggiatore d’affari in Italia mostra alcune peculiarità rispetto al quadro internazionale. Il 76% dei professionisti italiani ha viaggiato lo stesso numero di volte o di più rispetto al 2019, ma la durata media delle trasferte si conferma più contenuta rispetto alla media globale. Anche la spesa media risulta inferiore. In Italia un viaggio d’affari costa in media 978 dollari a persona. La suddivisione dei costi evidenzia 330,82 dollari per l’alloggio, 196,65 dollari per vitto e bevande, 182,18 dollari per il trasporto aereo, 180,88 dollari per i trasferimenti terrestri e 87,54 dollari per altre spese.
Le motivazioni principali sono i seminari e training (27%), gli incontri commerciali e di gestione clienti (22%) e le conferenze e convention (20%).
Un elemento distintivo è la diffusione del bleisure, con il 60% dei viaggiatori italiani che combina trasferte di lavoro e momenti di svago tanto quanto o più di prima. Nonostante costi e durata più contenuti, la percezione resta fortemente positiva e il 95% ritiene i viaggi d’affari fondamentali per raggiungere gli obiettivi aziendali.
Le politiche degli Stati Uniti hanno avuto risvolti sensibili sul business travel. Il sentiment globale è crollato al 28% (rilevazione luglio 2025) in forte calo rispetto al 67% di novembre 2024. In Europa l’ottimismo si ferma al 25% con un tracollo di 34 punti percentuali in nove mesi.
Le previsioni indicano un ridimensionamento dei volumi e della spesa. Il 34% degli acquirenti si aspetta un calo dei viaggi, il 31% della spesa e il 48% dei fornitori prevede minori ricavi con un impatto medio del 17-19%. Gli effetti si riflettono soprattutto su meeting ed eventi, con il 25% delle aziende che valuta cancellazioni, il 20% la rilocalizzazione fuori dagli Stati Uniti e il 28% il passaggio online.
Tra le principali preoccupazioni emergono i costi più elevati (55%), la burocrazia legata a visti e documentazione (47%), le esigenze di sicurezza e duty of care (46%) e i tagli ai budget (44%), oltre a una minore disponibilità dei dipendenti a recarsi negli Usa (41%).
Il 35% delle imprese non statunitensi sta già esplorando nuove partnership commerciali fuori dagli Usa, con l’Europa come destinazione privilegiata per costruire relazioni alternative.
Da un lato la stabilità delle politiche commerciali e il rinnovato dinamismo dei mercati chiave potrebbero alimentare la crescita, sostenuta da innovazione e intelligenza artificiale. Dall’altro tariffe doganali in aumento, volatilità economica e pressioni fiscali rischiano di frenare la ripresa.
(Per maggiori informazioni:https://www.gbta.org/)