La tassa di soggiorno quest’anno toccherà un incasso complessivo di 700 milioni di euro, con una crescita su base annua del +13% rispetto al 2022, secondo la stima dell’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno. Basti pensare che solo Roma, nel primo semestre di quest’anno ha incassato circa 61 milioni di euro e l’introito complessivo per il 2023 dovrebbe toccare i 159 milioni.
Ad oggi, la tassa viene applicata in forma variabile, a seconda della tipologia di alloggio alberghiero o extralberghiero, con un tetto massimo di 5 euro al giorno e, in base all’ultima manovra finanziaria, solo a quei Comuni dove l’afflusso di turisti supera 20 volte quello dei residenti, ovvero Rimini, Firenze, Venezia e Pisa, è stato permesso di innalzare la tassa di soggiorno a 10 euro. Mentre a Roma, dove con una legge ad hoc il tetto massimo della tassa era stato fissato a 7 euro, dal primo ottobre questa gabella tanto osteggiata dagli operatori toccherà quota 10 euro.
Nella mappatura geografica stilata dall’Osservatorio, è l’area del centro Italia ad aggiudicarsi la quota-parte più consistente con il 37% degli incassi della tassa – pari a circa 258 milioni di euro – seguita dal nord-est con il 28% (196 milioni), dal nord ovest con il 18% (126 milioni) e infine dal sud con l’11% (79 milioni) e le isole con il 6% (43 milioni).
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