Small Business, Big Problem. Ovvero: piccole imprese, grandi problemi,  è l’oggetto della nuova ricerca del World Economic Forum (Wef) e della National University of Singapore Business School che, intervistando un campione di dirigenti delle Pmi del mondo, ha rivelato che il 67% di queste ha dinanzi una sfida epocale: la sopravvivenza. A mettere sotto pressione le aziende minori: margini bassi, necessità di ridimensionare il business, ma nel contempo espandersi su nuovi mercati e interfacciarsi con mutati clienti/consumatori. Il rapporto, intitolato “Future Readiness of SMEs and Mid-Sized Companies: A Year On”, ha preso ad esame le aziende reduci dalla pandemia interrogando circa 800 capi di piccole e medie dimensioni.Il 48% degli intervistati ha segnato tra le big challenge l’acquisizione e la fidelizzazione dei talenti, il 34% cultura e valori, il 24% i finanziamenti e l’accesso al capitale, il 22% gli ambienti di politica aziendale “non favorevoli".

Dal Wef anche un suggerimento per rendersi più resilienti: in primis intercettando business più solidi e, grazie alla tipica agilità delle Pmi, perseguendo un approccio strategico alla gestione dei talenti, avviando gradualmente la trasformazione digitale e attuando misure di sostenibilità specifiche, a seconda del livello di maturità dell’azienda in tale ambito.

Su tutto, poi, secondo il Wef, è fondamentale che politici, investitori e stakeholder “facciano tutto ciò che è nelle loro capacità per contribuire a costruire la readiness futura” di questo prezioso segmento dell’economia.

Le piccole e medie imprese hanno punti di forza unici per la loro agilità nell’orientare i modelli di business. Assumendo e sviluppando gli asset giusti, possono avviare un cambiamento interno ed esterno positivo più velocemente delle aziende più grandi. Tuttavia, per esprimere appieno il loro potenziale, hanno anche bisogno del supporto della politica nel riconoscere le loro credenziali e nel premiare le iniziative di sostenibilità.

(Per maggiori informazioni: www.weforum.org)