Il Dpcm del 24 ottobre scorso inciderà di nuovo pesantemente sul settore turistico. Tra i vari la chiusura  degli impianti sciistici fino al 24 novembre, dopo lo stop a eventi e congressi in presenza delle settimane scorse, ora si fermano anche le manifestazioni di carattere nazionale e internazionale, per le città d’arte, infine, la sospensione di molte occasioni di fruizione culturale (dai cinema ai teatri, ai concerti ai festival, mentre restano per ora aperti mostre e musei), la limitazione oraria di bar e ristoranti che si aggiunge al coprifuoco serale costituiscono un disincentivo al turismo urbano che tra l’altro non trova nemmeno più il suo naturale pubblico di riferimento per la totale assenza di ospiti stranieri, alle prese con situazioni anche peggiori della nostra. 

Da qui a fine 2020, stando ai trend consolidatisi negli ultimi anni, è a rischio il 14% delle presenze totali, pari a oltre 61 milioni, di cui circa la metà straniere. Un danno notevole che si aggiunge alle perdite dei mesi scorsi se si considera che, per alcuni mercati in particolare, il nostro Paese è un’importante destinazione anche nel periodo autunnale. Tra i primi dieci bacini incoming dell’Italia, infatti, quattro presentano una concentrazione di presenze nell’ultimo trimestre dell’anno superiore al dato medio: si tratta degli Stati Uniti (19%, pari a 3 milioni di presenze), Cina (21%, quasi 1,2 milioni presenze), Spagna (18%, un milione) e Russia (15%, circa 900mila).

Ciò ha chiaramente ripercussioni differenti a livello di territoriale. La situazione più eclatante è quella di Milano e della sua area metropolitana dove nel periodo ottobre-dicembre si concentra ben il 24% delle presenze straniere annuali, contro un dato nazionale che si ferma al 14%. Una differenza di dieci punti percentuali che si spiega con gli eventi e le manifestazioni fieristiche che nei mesi autunnali attraggono nel capoluogo lombardo un elevato numero di turisti business. Per l’area milanese dunque rinunciare ai flussi dell’ultimo trimestre dell’anno potrebbe tradursi in quasi 2,3 milioni di presenze in meno. Analogo discorso può valere per Bologna e Torino dove si potrebbe sommare alle perdite degli scorsi mesi (fino a) un ulteriore -20% delle presenze straniere annue, con valori assoluti superiori a 400mila pernottamenti in entrambi i casi.
Critico lo scenario anche per le città d’arte simbolo dell’Italia nel mondo: Roma (21%) metterebbe a rischio da qui a fine anno quasi 5 milioni di presenze, Firenze (19%) quasi 2,2 milioni e Napoli (16%) potrebbe dover rinunciare a 1,3 milioni di notti, in un contesto regionale in cui l’emergenza coronavirus è pressante da diverse settimane, situazione che ha determinato l’adozione di misure più stringenti rispetto a quelle di altre aree (qui vige per esempio il divieto di spostamento tra province e le scuole sono state chiuse immediatamente dopo il peggioramento dei dati di contagio). Discorso differente per la Provincia autonoma di Bolzano dove i quasi 3,7 milioni di presenze a rischio sono in gran parte legati alla montagna e agli sport invernali, ora bloccati almeno fino al 24 novembre con le disposizioni previste dall’ultimo Dpcm.

La criticità della situazione per l’industria dei viaggi e delle vacanze è dovuta dunque a due differenti fattori: da una parte, il crescente numero di contagi nel nostro Paese che lo sta facendo tornare nuovamente poco sicuro come destinazione; dall’altra, il fatto che i nostri principali bacini turistici incoming stanno vivendo situazioni non certo migliori della nostra, per cui con molta difficoltà potranno ricominciare a viaggiare nelle prossime settimane. 

Non appare dunque realistico, provando a ipotizzare una stima di chiusura del turismo incoming a fine anno, che l’andamento sin qui consolidato dai dati ufficiali (-62% per spesa e -59% per il numero di viaggiatori stranieri nel periodo gennaio-luglio 2020 rispetto all’anno precedente) sia migliorabile: anzi, se le misure di contenimento non dovessero essere sufficienti a rallentare il contagio e fosse necessario un nuovo lockdown generalizzato, è probabile che si possa arrivare per fine anno a una riduzione degli indicatori più vicina al 70%: ciò significherebbe una perdita di oltre 40 milioni di viaggiatori e di 30 miliardi di euro per la spesa turistica nel 2020.
Per quanto riguarda infine i flussi domestici – quelli su cui si è sostanzialmente basata la timida ripresa estiva –, è probabile che, se dovesse bloccarsi la macchina del turismo invernale, l’andamento di fine anno sarebbe ugualmente drammatico. I dati provvisori gennaio-giugno segnalano già un calo delle presenze degli italiani in Italia del 58% e la chiusura 2020 potrebbe essere in linea: ciò significherebbe una perdita complessiva di 125 milioni di presenze cui parallelamente potrebbe corrispondere un calo della spesa domestica stimata in circa 40 miliardi di euro rispetto al 2019.

(Per maggiori informazioni:www.touringclub.it)