Secondo uno studio di Cerved si prospettano due scenari. Il primo ipotizza che se l'emergenza del Coronavirus finisse a maggio,  per le imprese italiane nel 2020-2021, verrà bruciato un giro d'affari complessivo di 275 miliardi di euro, rispetto all'evoluzione che era prevedibile fino all'arrivo dell'epidemia. Nel caso in cui  l'emergenza durasse fino a dicembre,  con una completa chiusura delle frontiere dei mercati europei ed un ritorno alla normalità che richiederebbe  altri sei mesi, sarebbero bruciati ricavi complessivi per 641 miliardi, tra gli oltre 469 miliardi di questo 2020 e i quasi 172 dell'anno prossimo. 

La prima cosa che balza all'occhio è il fatto che, se l'emergenza finisse a maggio, le imprese italiane riuscirebbero già dal prossimo anno a recuperare un livello di fatturato superiore dell'1,5% rispetto a quello ottenuto nel 2019, pari secondo le stime di Cerved a 2.410 miliardi di euro, grazie al miglioramento dal punto di vista economico e patrimoniale delle aziende che sono sopravvissute alle difficoltà del 2008-2011, diventando più forti.

Scorrendo i numeri dei settori più colpiti ci si rende conto di come la crisi cambierà il volto dell'Italia e del suo sistema di imprese. Nello scenario pessimistico il fatturato degli alberghi scenderebbe dai 12,5 miliardi del 2019 ai 3,3 miliardi di quest'anno, un crollo del 73% che sarebbe seguito a ruota da agenzie di viaggio e tour operator (meno 68%), strutture ricettive extra alberghiere come agriturismi e bed & breakfast (meno 64%) e aeroporti (meno 50%). Ma il crollo arriverebbe al 45,8% per la produzione di auto (da 39,5 a 21,4 miliardi), per  i veicoli industriali (da 12,7 a 6,7 miliardi) e per il cruciale e diffusissimo settore dei componenti per l'automotive (da 23,3 a 12,6 miliardi), che i produttori italiani esportano o fabbricano direttamente in tutto il mondo.

Un altro aspetto interessante è l'impatto sulle diverse regioni. In cima ci sono le imprese lombarde che brucerebbero un fatturato di 182 miliardi, seguite dal Lazio (118 miliardi), dal Piemonte (60), dal Veneto e dall'Emilia Romagna (poco più di 57 per entrambe). 

In valori assoluti, ovviamente, l'impatto della crisi sarà più contenuto nelle regioni del Sud o in quelle più piccole. In termini relativi, però, va sottolineato che al termine del biennio, tra le imprese più lontane rispetto al potenziale pre-virus ci saranno quelle con un'alta vocazione turistica, come il Trentino Alto Adige (meno 4,4 per cento, contro una media nazionale del meno 3,3), la Liguria (meno 4,3) e la Valle d'Aosta (-3,9). Le peggiori in assoluto, però, nello scenario "horribilis" sarebbero quelle dove l'auto pesa di più sul totale, ovvero Piemonte (meno 4,9 per cento) e Basilicata (-5,1).

 (Per maggiori informazioni: www.cerved.it)