Il presidente di Ucina Confindustria Nautica, Anton Francesco Albertoni, nel constatare che, nonostante gli impegni presi in occasione del Salone Nautico dal ministro dello Sviluppo - Corrado Passera - e dal vice ministro delle Infrastrutture e Trasporti - Mario Ciaccia – non ci sono riferimenti alla nautica nel DL Crescita, esprime profondo disappunto e grande delusione. ”Non c’è traccia di quanto discusso, anzi nel DL Crescita non c’è una sola parola sulla nautica e sul turismo nautico.
Il tutto mentre i posti di lavoro diretti persi da questo settore di eccellenza del Made in Italy hanno sfondato quota 20.000 unità”, commenta profondamente amareggiato il vertice dell’associazione di categoria.
I mea culpa del Governo per come è stata inizialmente gestita la vicenda della tassa di stazionamento - prima della sua trasformazione in imposta di possesso - si sono rivelati del tutto sterili. E mentre il comparto ha visto dimezzare il proprio contributo al PIL e sparire il mercato interno – che ha ceduto l’85% in due anni – per via di vincoli burocratici e persecuzione fiscale, sembra ormai chiaro che la politica non intende occuparsi dei problemi di questo settore industriale. “Devo dare atto al Direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, che sul nuovo Redditometro il fisco sta compiendo un vero sforzo culturale” – prosegue Albertoni - ma dal Governo, dall’Amministrazione centrale, dal Ministero dei Trasporti, dalle Capitanerie di Porto non abbiamo avuto alcun ascolto, pur chiedendo da tempo semplici riforme e snellimenti amministrativi, senza oneri per lo Stato”.
Persino la richiesta di istituire un Registro nazionale delle imbarcazioni e navi da diporto, voluto a gran voce dal comparto per dare chiarezza al mercato e allontanare l’immagine di negativa cucitagli addosso dalla stampa, è stata respinta. Vista la difficoltà da parte del Comando Generale delle Capitanerie di Porto di varare tale strumento – il che è fra l’altro è una delle cause dei mancati introiti della tassa nautica istituita con il decreto Salva Italia – Ucina aveva proposto di farsene carico con capitali privati. Ma evidente altri interessi di potere hanno prevalso su tutto, così legittimando il comportamento scorretto di pochi furbetti che rovinano l’immagine di un comparto che fa lavorare 100.000 addetti.
Non va dimenticato che è stata necessaria un attesa di un anno e mezzo perché la Direzione generale del Trasporto marittimo pubblicasse una circolare attuativa delle norme contenute nella legge di conversione del Decreto Sviluppo del lontano maggio 2011, senza peraltro sciogliere molti dei nodi fondamentali. Intanto tutti gli altri dossier sottoposti da UCINA al dicastero di via dell’Arte sono fermi. Ferma la nuova patente nautica, mentre il tavolo per la riforma del Regolamento di attuazione al Codice della nautica non viene convocato da oltre due anni e dalle Capitanerie non è giunto neanche un cenno di risposta sul tema della revisione delle procedure del Port State Control, che vedono l’Italia svantaggiata rispetto ai Paesi concorrenti. Anche dal fronte della regolamentazione delle concessioni demaniali della portualità turistica ancora tutto tace, mentre ai balneari è stata accordata una seconda proroga fino al 2020.
“In queste condizioni non ci sono più i presupposti per fare impresa in Italia” – è l’amara conclusione di Albertoni – “e sembra impossibile che l’Esecutivo e i suoi apparati burocratici vogliano abbandonare al suo declino la nautica italiana, un’industria che ha dato tanto al Paese e che molto ancora potrebbe dare, con pochi accorgimenti normativi.
(Per maggiori informazioni: staff@ucina.net)