È quanto rivelato da L’Italia delle Fiere Internazionali, la prima edizione del Rapporto economico-scientifico sul legame fra l’economia italiana e il suo sistema fieristico, realizzato dai Centri Studi di Fondazione Fiera Milano e Confindustria in collaborazione con CFI-Comitato Fiere Industria
Roma, 23 marzo 2022 – Fondazione Fiera Milano e Confindustria, in collaborazione con CFI-Comitato Fiere Industria, hanno presentato questa mattina i risultati de “L’Italia delle Fiere Internazionali", lo studio economico-scientifico che per la prima volta ha analizzato il legame fra l’economia di un Paese e il suo sistema fieristico.
Dal rapporto, che offre uno sguardo sul cambiamento dell’ecosistema fieristico è emerso che l’internazionalizzazione del Made in Italy e lo sviluppo economico del Paese passano dall’industria fieristica italiana.
L’analisi, che si sviluppa attraverso le quattro sezioni “la situazione del mercato pre-Covid e l’onda d’urto della pandemia“, “il ruolo delle fiere per le filiere del Made in Italy“, “le fiere e l’export“, “le fiere e la trasformazione digitale accelerata dalla pandemia“, ha messo a confronto i quattro Paesi europei a maggiore vocazione fieristica, ovvero Italia, Germania, Francia, Spagna e gli Stati Uniti.
La situazione del mercato pre-Covid e l’onda d’urto della pandemia
Da quanto emerge dalla prima fase dello studio, che prende in analisi il periodo 2015 – 2019, in Italia, Germania, Francia e Spagna si sono svolte più della metà (54%) delle fiere internazionali con una occupazione dello spazio netto affittato del 76%. In questi quattro Paesi si è registrata la partecipazione del 69% dei visitatori totali e del 74% degli espositori. L’Italia rappresenta il 23% delle superficie affittate, la Germania, il principale competitor, il 50% mentre la Francia il 16% e la Spagna al 12%.
L’analisi si spinge poi a osservare la situazione degli Stati Uniti – grazie a una base dati comparabile – e arriva infine ad alcune stime sul mercato mondiale. La pandemia ha colpito duramente le fiere: rispetto al 2019 si stima che il fatturato a livello mondiale sia calato del 68% nel 2020 e del 59% nel 2021.
Il ruolo delle fiere per le filiere del Made in Italy
Nel secondo capitolo vengono presi in esame gli aspetti legati all’internazionalizzazione e che riguardano tutte quelle fiere che vedono una forte presenza di espositori esteri, più del 25%, e oltre il 20% di visitatori stranieri.Tra i 4 Paesi analizzati alcuni settori spiccano per internazionalità: Sistema Moda (84% di fiere con internazionalità forte), seguito da Comunicazione Ufficio, che comprende anche le fiere di editoria (72%), Industria (70%) e Arredamento (68%). In Italia le fiere più internazionalizzate appartengono ai settori Moda, Arredamento, Industria, Salute Ambiente, Comunicazione Ufficio e Costruzioni. L’analisi quantifica inoltre le quote di mercato dell’Italia a livello mondiale per alcuni dei settori più rappresentativi del Made in Italy (arredamento, cosmetica, food e hospitality, meccanica, moda, trasporti). L’Italia ospita il maggior numero di metri quadrati nel settore moda, con una quota di mercato del 23% dei 2,7 milioni di metri quadrati venduti a livello mondiale. Nella cosmetica, che nel suo complesso supera il milione di metri quadrati venduti nei Paesi considerati, l’Italia rappresenta una quota del 13%, al secondo posto dopo la Cina. La Cina occupa la prima posizione in tutti i settori, a eccezione del comparto moda, grazie al suo enorme mercato interno.
Le fiere e l’export
A livello mondiale lo scoppio della pandemia, con il conseguente blocco dell’attività produttiva in tutti i sistemi economici, ha avuto un forte e immediato impatto sullo scambio internazionale di beni (-13,6% nel bimestre del primo lockdown aprile-maggio 2020 rispetto al mese di febbraio). Il riavvio dell’attività produttiva dal terzo trimestre 2020, la scoperta dei vaccini e infine la loro somministrazione hanno dato un nuovo slancio al commercio mondiale, che in un anno ha raggiunto nuovamente i livelli pre-crisi riagganciando il trend degli anni precedenti (Centro Studi Confindustria). Tuttavia l’invasione russa dell’Ucraina mina la crescita globale per il 2022.
Anche in Italia l’export è tornato ai livelli pre-Covid, ovvero circa a 516 miliardi di beni (il 32,6% del Pil), ma si tratta di un recupero che ha caratteristiche peculiari. Infatti, nel 2020, sono 126.275 gli operatori economici che hanno effettuato vendite di beni all’estero e nel 2019 erano 10.688 in più. In Italia esiste un esteso segmento di “micro esportatori”: 72.571 operatori che realizzano un fatturato molto limitato dalle esportazioni (fino a 75.000 euro). Solo 4.276 operatori appartengono alle classi di fatturato esportato superiori a 15 milioni di euro (segmento che realizza il 71,2% dell’export italiano). Nel 2020 è in aumento la concentrazione delle esportazioni realizzate dai primi 1000 operatori (da 51,7% a 52,6% dell’export complessivo), così come le quote dei primi 100 operatori (da 25,5% a 26,1%) e dei primi 20 (da 12,1% a 12,6%). Si sono quindi rafforzate le aziende più grandi e consolidate sui mercati esteri. Quelle più fragili e piccole, secondo una definizione Istat, hanno abbandonato i mercati esteri e non sono state sostituite da nuovi operatori (Fonte: ISTAT-ICE). In questa analisi si inserisce perfettamente il ruolo che le fiere svolgono dal punto di vista commerciale soprattutto per le PMI: l’impossibilità di accedere ai mercati attraverso le fiere ha probabilmente determinato in parte questi risultati.
Le fiere e la trasformazione digitale (accelerata dalla pandemia)
Fino al 2018, in media, solo il 2% dei ricavi degli organizzatori proveniva dal digital, con punte del 4-5% per alcuni operatori.
Nel 2020, invece, con i quartieri fieristici chiusi, gli organizzatori di fiere hanno provato a rispondere con le fiere digitali. Sono cresciuti moltissimo i canali di vendita misti online e offline, e i canali di acquisto misti: i grandi buyer hanno comprato in quantità significative, sia offline sia online. Ma alla fine l’online avrà davvero convinto? Da un’indagine condotta da GRS Research & Strategy su 1.200 espositori e 6.000 visitatori di 24 manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale emerge chiaramente che i buyer (visitatori) hanno partecipato in numeri piuttosto ridotti alle fiere digitali: tra gli italiani solo il 19%, rispetto al 30% degli esteri. Entrambe le categorie hanno mostrato una soddisfazione medio-bassa per quanto riguarda i fattori analizzati: mantenere le relazioni, capire le novità e le tendenze, contattare i fornitori abituali, cercare fornitori nuovi e fare ordini. Mediamente i soddisfatti sono tra il 30 e il 40%.
Anche per gli espositori la partecipazione alle manifestazioni virtuali è limitata al 23% degli italiani e al 32% degli esteri, con soddisfazione ancora più bassa sui fattori chiave: cercare nuovi clienti (12-15%) e presentare nuovi prodotti (20-30%), Bassissima la soddisfazione sulla raccolta di ordini, anche se gli espositori esteri
appaiono lievemente più soddisfatti.
Riguardo al rapporto tra visitatori e fiere on line o in presenza, prevale nettamente il gradimento per queste ultime. La Fiera fisica, per la stragrande maggioranza degli interpellati si conferma in quasi tutti i campi con percentuali di gradimento che vanno dal 72% all’87%; dalla possibilità di fare conoscenze causali alla qualità del networking. Dalla soddisfazione generale al senso di appartenenza alla community. Dal fare business a trovare nuovi fornitori e l’ispirazione per nuove idee. L’on line raggiunge risultati apprezzabili quando si parla del rapporto valore tempo e della qualità dei contenuti formativi. Ma soprattutto, il digitale si afferma nettamente quando si affronta il tema dei costi per la partecipazione a una Fiera, con il 76% del gradimento.
In conclusione, possiamo dire che le fiere non hanno sostituti per quanto riguarda aspetti cruciali come le relazioni dirette, l’agire collettivo, la comprensione delle frontiere dell’innovazione e la rassicurazione sulle scelte di fornitura. Soprattutto per le PMI, vera spina dorsale del sistema produttivo italiano, la fiera fisica rimane un elemento chiave, un luogo rassicurante e formativo imprescindibile per la vita stessa dell’azienda