In attesa di vedere i testi definitivi è forte la preoccupazione del settore per il decreto rilancio che non coglie la drammaticità che sta vivendo l’industria alberghiera e oltre un milione e mezzo di famiglie che vivono dell’industria turistica!
Le maggiori risorse stanziate sono quelle per il buono vacanza, ma in questo momento stiamo ancora lottando per garantire la sopravvivenza stessa delle imprese che, ricordiamo sono completamente ferme dallo scorso mese di febbraio.
Il 96% dei lavoratori del settore in questo momento è a casa in cassa integrazione.
Solo se le aziende saranno rimesse in condizioni di ripartire sarà possibile richiamare questi lavoratori in servizio. Solo se avremo dei protocolli operativi, un regime delle responsabilità chiaro e non vessatorio, un reale sostegno alla liquidità, eliminazione delle imposte che gravano sugli immobili ad uso alberghiero.
Solo allora sarà possibile pensare ad accogliere gli ospiti che potranno usufruire del bonus vacanze.
Un bonus comunque che, per com’è formulato, pesa sugli alberghi costretti di fatto ad anticiparne l’80% del valore ricevendone in cambio un ennesimo credito di imposta che contrasta con le drammatiche esigenze di liquidità che caratterizzano in questo momento le aziende del settore.
La crisi ormai, è chiaro, condizionerà tutto il 2020. Se vogliamo rendere possibile la riapertura, abbiamo l’esigenza di una serie di misure che, definite oggi, accompagnino le imprese fino almeno all’inizio del prossimo anno.
Il turismo Italiano è a rischio.
Al momento la misura sugli affitti, una delle più attese vista l’incidenza sulle strutture, riguarda solamente tre mesi ma è evidente che le imprese non potranno sostenere questi costi durante tutto l’arco di questa stagione. Anche l’intervento sull’IMU è molto parziale e lascia grandi incognite per i prossimi mesi.
Il settore è in grandissima difficoltà, è necessario un intervento capace di mettere in sicurezza l’economia del turismo.
Un intervento delicato che sostenga la vita delle nostre realtà. Dobbiamo essere messi nella condizione di ripartire subito se pure a velocità ridotta, ma vogliamo farci trovare vivi quando il prossimo anno il mercato potrà ripartire.
E la rabbia monta ulteriormente sentendo degli accordi che altri paesi europei stanno attivando e che sposteranno quote di mercato dall’Italia ad altre destinazioni.
È necessario reagire sostenendo le imprese creando le condizioni affinché i clienti europei possono raggiungere i chilometri e chilometri di coste e le bellezze dei nostri paesaggi tuttora incontaminati e sicuri. Segnali chiari di difesa per quello che è uno dei maggiori patrimoni del nostro paese, un’industria cardine per lo sviluppo sociale e dei territori.